Esistono alcuni farmaci che sono definiti "equivalenti" di altri, ossia contengono lo stesso principio attivo. Per capire l'origine di tali medicinali è sufficiente comprendere che ogni farmaco, nel momento della immissione in commercio, ha una tutela brevettale che permette all'azienda produttrice di disporre per un periodo di tempo di un monopolio alla vendita di tale farmaco. La normativa internazionale, infatti, riconosce all'azienda farmaceutica le spese sostenute per la ricerca scientifica consentendogli, per un arco di tempo corrispondente a circa 20 anni, di commercializzare in esclusiva il nuovo farmaco.
Una volta scaduto il brevetto e il periodo di utilizzo di esclusiva il principio attivo può essere utilizzato da altre aziende che potranno produrre e commercializzare farmaci equivalenti a quello di origine.
Un farmaco è equivalente di un altro quando sono uguali:
I farmaci equivalenti differiscono tra di loro solo per:
Possono presentare, dunque, solo una differente biodisponibilità ossia una differente quantità e velocità di assorbimento del farmaco.
I farmaci equivalenti, inoltre:
La legislazione italiana prevede che, qualora il medico non abbia scritto sulla ricetta la dicitura "non sostituibile" il farmacista può proporre al cittadino i farmaci equivalenti al farmaco riportato nella ricetta con costo più basso.
Il cittadino ha, comunque, facoltà di richiedere il farmaco originale indicato nella ricetta: in questo caso, tuttavia, dovrà pagare la differenza di costo rispetto al farmaco equivalente.
Per conoscere la lista dei farmaci equivalenti rispetto a un principio attivo e la quota di rimborso che lo Stato riconosce per il farmaco è possibile consultare la "lista di trasparenza" (www.agenziafarmaco.it) che l'Aifa aggiorna periodicamente.